René DescartesRené Descartes (conosciuto in Italia con il nome latinizzato di Cartesio) nasce il 31 marzo del 1596 a La Haye in Turenna, terzo figlio di Joachim Descartes, avvocato e consigliere al Parlamento di Bretagna a Rennes e di Jeanne Brochard. Alla morte della madre per parto, René è affidato alla nonna materna. Di salute delicata, impara a leggere ed a scrivere in casa, sotto la guida di un precettore.

Compie gli studi canonici nel collegio gesuita di La Fléche, dove resterà circa nove anni seguendo i tre corsi regolari di grammatica, retorica e filosofia che comprendevano insegnamenti di logica, dottrine umanistiche, fisica, metafisica e matematica con elementi di teoria musicale. Uscito dal collegio, ubbidendo ai desideri del padre, si reca a Poitiers per studiare diritto. Una volta maggiorenne, decide di entrare come volontario nell'esercito. La sua straordinaria intelligenza, però, lo porta addirittura ad interessarsi di arte delle fortificazioni, nonché di prospettiva e di lingua fiamminga.

Incontra Isaac Beeckman, scienziato olandese, che lo incoraggia alla ricerca nel campo delle applicazioni della matematica alla fisica . Nell'Europa agitata dal grande conflitto che sarà ricordato come la Guerra dei Trenta anni, Cartesio compie lunghi viaggi. Dopo la vendita di alcune terre di sua proprietà, si reca in Italia, soggiornando a Venezia, Roma e Firenze, tornando in Francia quando ritiene di aver viaggiato a sufficienza. Entra in contatto con eminenti studiosi e si dedica a studi matematici in relazione a problemi di fisica e di ottica. In "Regulae ad dictionem ingenii", il trattato composto in questi anni, Cartesio imposta per la prima volta il problema dell'analisi della conoscenza. L'incontro con il cardinale Pierre de Bérulle, il maggiore esponente della spiritualità cattolica in Francia, lo stimola ad approfondire la riflessione sulla divinità.

Cartesio frequenta poi i corsi di matematica a Leida.

Nel 1633 venuto a conoscenza della condanna da parte del Sant'Uffizio del "Dialogo sopra i due massimi sistemi" di Galilei, fedele al suo temperamento schivo e poco incline a porsi al centro dell'attenzione, rinuncia a proseguire e a pubblicare il trattato "Le monde".

Comincia invece a lavorare al famoso "Discorso sul Metodo", con l'intento di esporre le linee essenziali della sua filosofia e soprattutto con l'idea di farsi capire da tutti "in modo tale che anche coloro che non hanno studiato potranno intenderlo".

Formulando una radicale critica del sapere tradizionale fondato sul principio di autorità (in primo luogo sulla filosofia di Aristotele) e sulla persuasività della tradizione, elabora un nuovo metodo d'indagine che consenta di distinguere il vero dal falso in ogni campo della conoscenza, non meno che nella vita pratica. Tale metodo è da lui ricercato nella matematica, la quale unisce il criterio dell'evidenza intuitiva con il rigore della deduzione. Per via dell'importanza assegnata alla ragione nella fondazione dell'intero sapere, e per il ruolo subordinato assegnato all'esperienza, Cartesio è considerato l'inauguratore del razionalismo nella filosofia moderna.

Cartesio avanza anche l'esigenza di dare una giustificazione del suo metodo, così come di tutte le conoscenze che, nel campo della matematica e della fisica, potevano essere ottenute attraverso di esso. A questo fine ritiene sia doveroso in primo luogo rimettere in discussione ogni conoscenza comunemente accettata, fino a giungere a un principio ultimo verso il quale il "dubbio" radicale non possa aver presa. Il dubbio mantiene  un carattere "metodico", vale a dire non fine a se stesso, ma come un procedimento praticato al fine di ricercare un fondamento incontrovertibile di tutto il sapere.

Tale fondamento viene identificato nella certezza che l'Io ha di se stesso in quanto pensante. La constatazione apparentemente elementare del filosofo, infatti, è che si può dubitare di tutto, tranne che della propria esistenza: poiché per l'atto stesso del pensare occorre un soggetto pensante. Questa certezza fondamentale viene fissata da Cartesio nella famosa formulazione: "Cogito, ergo sum" ("Penso, dunque sono").

Cartesio prosegue la sua riflessione sostenendo che Dio ha creato due ordini di sostanze: la sostanza pensante ("res cogitans") e la sostanza estesa ("res extensa"). Quest'ultima si identifica con la materia, la cui caratteristica essenziale è quella di occupare una determinata estensione spaziale; mentre la sostanza pensante si conforma alle leggi del pensiero, la sostanza estesa si conforma alle leggi meccaniche della fisica. Nasce da qui il problema di conciliare l'anima, in quanto spirituale e inestesa, con il corpo, in quanto realtà materiale ed estesa. La bipartizione della realtà nelle due sostanze, quella fisica e quella mentale, è nota come "dualismo cartesiano" e ha influenzato straordinariamente la filosofia moderna (ma anche, in ultima analisi, le cosiddette "neuroscienze").

Il testo del "Discorso sul metodo" esce anonimo a Leida ma non suscita grande interesse, tanto che ne vengono venduti pochi esemplari. Cartesio si concentra allora sulle applicazioni utili della nuova scienza, con particolare riguardo verso quei fenomeni naturali dei quali è possibile dare una spiegazione logica (ad esempio: studi sulle correnti, sul flusso e riflusso delle acque, ecc).

A Parigi, il gesuita Pierre Bourdin organizza un dibattito pubblico nel quale vengono messe in discussione le tesi filosofiche di Cartesio, il quale rimane molto turbato da questi attacchi. E' per lui un anno doloroso. In settembre, muore all'età di cinque anni la figlia. Dopo poco muore anche il padre Joachim, e la sorella maggiore Jeanne, cui era molto legato. Inizia in questo anno la stesura dei "Principia philosophiae".

Sul piano culturale, le cose non vanno meglio. La situazione precipita talmente che nel 1642 il senato accademico dell'università di Utrecht vieta l'insegnamento della "nuova filosofia" cartesiana. Nell'infuriare delle polemiche è per Cartesio di conforto l'interesse che per le sue ricerche manifesta la principessa di Boemia, figlia di Federico V, in esilio dopo la sconfitta della Montagna Bianca (1620). Nell'inverno si reca a L'Aja per conoscerla e tra i due si stabilisce una forte intesa intellettuale.

Ma l'opposizione contro Cartesio continua: a Utrecht escono due libri nei quali è accusato di ateismo. Anche l'università di Leida condanna sul piano teologico Cartesio. Amareggiato da questi voluti fraintendimenti del suo pensiero, parte per la Francia. Dopo un soggiorno in Bretannia e in Turenna, a Parigi incontra Blaise Pascal, fragile e malato, e con lui discute problemi relativi al vuoto, alla pressione dell'aria e alle esperienze condotte da Torricelli. Tornato in Olanda, rielabora alcuni suoi precedenti appunti di ricerche nel campo della fisiologia.

Amareggiato dall'ostilità dell'ambiente accademico olandese, accetta l'invito di recarsi in Svezia rivoltogli dalla regina Cristina. La giovane regina, che può dedicare agli studi filosofici le ore in cui è libera dagli affari di stato, impone a Cartesio, da sempre abituato a lunghi riposi mattutini, di trovarsi nella sua biblioteca ogni giorno alle cinque del mattino. Il 1° febbraio del 1650, tornato dal palazzo, Cartesio avverte dei brividi. Colpito da una grave forma polmonare con febbri altissime, muore l' 11 febbraio alle quattro del mattino. Il 20 novembre 1663 le sue opere vengono messe all'indice dalla Congregazione romana.

Tratto e adattato dal sito www.biografieonline.it



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